Parlo del tempo in cui viviamo perchè lo sento come un mondo di simboli morti, un periodo storico in cui la ricerca vera della propria vocazione è resa difficile, non reale.
La società contadina e patriarcale di un tempo era un mondo ricco di simboli, dove l’individuo trovava comunque una sua collocazione e più facilmente un suo percorso.
Anche se a volte sbagliato.
Era comunque un universo magico.
Dove la nnatura fungeva da maestra, indicava strategie, forniva indicazioni.
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“Ciò che veramente conta è aderire all’azione divina, rintracciata ovunque, e tanto più degna di adorazione quanto più il nostro destino è sottratto alla nostra previsione e al nostro controllo.”
Pierre Teilhard de Chardin
Ho superato i cinquant’anni e ogni tanto ricordo volentieri i tempi della mia fanciullezza. Mi ricordo la gioia che provavo nell’andare alla messa del fanciullo delle ore otto; il ritrovo ,dopo la messa,nel sagrato della chiesa a chiaccherare con le mie compagne; la compostezza con cui, in fila, assieme alle mie amiche andavo a confessarmi il sabato, accompagnate dalla suora; i giochi pomeridiani all’oratorio; i salti con la corda; le corse in bicicletta; la soggezione davanti alla maestra; l’attesa gioiosa dell’avvicendarsi delle quattro stagioni e ognuna di esse sembrava durasse molto a lungo.
Cose semplici, ma mi facevano sentire contenta.
Oggi, nelle nuove generazioni, non riscontro la gioia della semplicità e l’importanza dei valori e questo mi dà molta tristezza.